shutter island


Martin Scorsese è un regista che mi piace.
Quando i due detective (Di Caprio e Ruffalo) arrivano all'isola-manicomio criminale in cerca di una degente/reclusa scomparsa, mi sono detta "hum, un giallo classico con delitto all'interno di una stanza chiusa dall'esterno. Un po' scontato, ma Scorsese avrà fatto della calligrafia". Mi sbagliavo.
Quando Di Caprio inizia a incontrare psichiatri -capeggiati da Sir Kingsley- degni di un film di Fritz Lang ho pensato "ecco, fanno esperimenti sui folli prigionieri, è un film di denuncia con qualche fantasma nazista". Mi sbagliavo.
Quando infine (attenzione, SPOILER) ci viene rivelato che in realtà Di Caprio è il folle uxoricida, con una forma di dissociazione e amnesia isterica avanzata con cui tenta di separarsi dall'orrenda realtà di non aver salvato la moglie da se stessa e i figli da lei, ho concluso "perfino Scorsese è caduto nel già visto. E' un thriller a suspence con capovolgimento delle aspettative". Mi sbagliavo ancora.
Nella conclusione, che mi ha finalmente chiarito il quadro, Di Caprio finge di essere nuovamente ricaduto nel delirio lucido e produttivo dell'inizio del film e confessa di essere in realtà perfettamente orientato al suo medico, proprio prima di essere lobotomizzato. "E' meglio una vita da mostro, o morire da uomo perbene?"
Di fronte all'orrore della realtà che ha contribuito a produrre, l'uomo di Martin sceglie consapevolmente la forma di alienazione più profonda e incontrovertibile, la separazione da sé e dai suoi simili, una shutter island completa. Una scelta filosofica e politica ad un tempo. Che personalmente non approvo. Ma dà senso compiuto ad un'opera.

Commenti

  1. Questa recensione mi ha molto incuriosita!
    Non l'ho visto al cinema ma lo cedro' sicuramente in DVD!

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