Ummagumma

Io adoro i Pink Floyd. Li trovo geniali. Però Ummagumma ha delle parti imbevibili.
Il problema di quest'album è che è troppo cerebrale e, se lo dico io, o state assistendo ad una mia rapida evoluzione di struttura del pensiero, oppure è davvero troppo cerebrale. 
Persino la copertina pretende attenzione: non c'è solo il classico topos del quadro dentro il quadro dentro il quadro (etc...), ma ogni musicista, in ognuna delle rappresentazioni, prende un posto diverso nell'insieme.


A parte queste sottigliezze grafiche, il doppio disco ha una prima parte live più abbordabile, con un'apertura discretamente psichedelica (Sid Barret secondo me viveva in un immaginario un po' inquietante, a volte è triste pensare che noi persone comuni beneficiamo del genio di martiri che hanno attraversato luoghi angosciosissimi) tenuta in piedi da organi elettrici e Mellotron. Io oltre alla nascita del progressive rock ci vedo pure delle discrete influenze orientali, che negli anni Settanta mi sembrano anche pienamente giustificabili -mentre ora le capisco e le tollero decisamente meno.
La seconda parte è registrata in studio: d'altra parte, sfido chiunque a portare in live un pezzo come Several Species of Small Furry Animals Gathered Together in a Cave and Grooving with a Pict. Già il nome è tutto un programma e sono contenta della sperimentazione, però forse qui siamo caduti nel ridicolo. Curiosamente, gli stessi Pink Floyd la pensavano così, mentre i critici dell'epoca si sperticarono in lodi che trasformarono in successo questa strana accozzaglia di suoni.

Commenti

  1. Ora sto ascoltando The dark side of the moon, dalla Top 500 di Rolling stone, e c'hanno pure ragione a metterlo tra i primi 100!!! Ummagumma? Approfondirò, ma io avrò sempre in testa il live di Venezia.

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  2. Sì, The dark side si merita assolutamente quel posto, anche se il mio preferito rimane The Wall.

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  3. No, a The wall preferisco, a questo punto, i primissimi Pink Floyd

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