Sherlock Holmes - Gioco di Ombre

Di Guy Ritchie, con R. Downey Jr, J. Law, N. Rapace, S. Fry. 2011

Seconda puntata della rilettura Ritchiana dell'investigatore più famoso della storia del giallo. In realtà siamo già alla prima conclusione, ovvero allo scontro diretto di Holmes col professor Moriarty, temibilissimo cattivo votato alla perfidia più nera (ricopre, con successo, la carica di cattedratico universitario... sarà un caso?).
La trama è liberamente tratta da L'ultima avventura, il libro in cui Doyle cercò per la prima volta di liberarsi del suo protagonista di maggior successo, con gran danno di immagine personale: alcuni devoti fan lo minacciarono di gravi lesioni, se non avesse resuscitato il famigerato violinista bipolare.
L'Europa è scossa da una serie di attentati, mentre oscure potenze economiche cominciano ad investire nella produzione di armi. Mentre Sherlock si arrovella, il buon dottor Watson avrebbe desiderio di prender moglie, ma deve fare i conti qualche complicazione...

Guy Ritchie è un regista senza dubbio interessante, che cerca di sperimentare qualche idea. Non sempre mi piace, ma almeno si vede che si sforza. In questo caso, grazie al ritmo più serrato, il risultato è decisamente migliore che nel primo capitolo, per me assai noioso. L'ambientazione steampunk e le sequenze sincopate sono il marchio di fabbrica della serie (attendiamo il terzo tomo a breve), e si lasciano guardare con piacere, anche se ambientazioni iper-esotiche e "sincopature" mi ricordano in una qualche misura il modo di filmare e di montare del cinema di Baz Lhurman -a mio avviso comunque superiore.
Un certo grado di citazionismo è sempre presente, fino all'hommage dell'iniezione intracardiaca di amine: Tarantino rimarrà tra i più osannati della storia, la sequenza di Pulp Fiction ormai è entrata a buon diritto nella Storia dell'Arte.


La parte migliore del film sono gli attori, con in testa J. Law: non è che gli altri non mi piacciano, è che lui è assolutamente bellissimo. Fra gli altri, più di Downey Jr, che ultimamente trovo fin troppo sopra le righe, ho una preferenza per Stephen Fry, capace di lavorare con charme nonostante un fisico scomodo, in ogni tipo di produzione, dal blockbuster al film corale di Altman.
Apprezzo molto il fatto di non relegare il personaggio di Watson al sottorticato, pedante segugio che spesso abbiamo visto in tante trasposizioni dei romanzi: Conan Doyle l'aveva dipinto invece come uomo retto, pacato e di notevole ingegno, solo meno tachipsichico e più "ordinario" del suo amico. 
Proprio a proposito di questa amicizia, dopo il film si sono riaccese le polemiche e le dissertazioni sulla relazione atipica che unisce i due comprimari. Ora, io non ho nessun problema con le coppie omosessuali, ma mi sembra diventata una moda vedere relazioni del genere anche dove non sono mai state. Mai sentito parlare di amicizia? Non ci si crede più? E' stata sostituita da fredde "conoscenze" che non contemplano il combinare guai insieme e poi cercare insieme di risolverli? Per fortuna mi sembra che il regista e gli sceneggiatori ci credano ancora, e ci scherzino su con una bella dose di gradevole ironia.

Commenti

  1. Concordo pienamente
    Watson non è un tonto; nei testi di Doyle è un amico fedele, coraggioso e di ottima cultura (solo che, accanto a Holmes, sfigurerebbe anche un premionobel); in questo film dimostra anche una perfetta forma atletica, per non parlare del modo con cui tiene testa al terribile Moran
    quanto all'amicizia maschile, posso dire che esiste per esperienza diretta: si può giocare, scherzare e lavorare insieme per anni... senza sentire il desiderio di baciarsi

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    1. forse la forma atletica è un po' eccessiva visto che dovrebbe zoppicare... ma insomma, meglio così!

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  2. Quoto l'ultima parte: se al posto di Sherlock Holmes e Watson ci fossero state due ragazze, nessuno avrebbe notato niente. Anche questo è sessismo? Penso di sì.

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