L'ingorgo

Di L.Comencini, con A.Sordi, G.Depardieu, M.Mastroianni, U.Tognazzi, S.Sandrelli. 1978

Sul Grande Raccordo Anulare centinaia (forse migliaia?) di macchine sono intrappolate in un traffico epico, e dentro di esse una pletora di passeggeri che ci offrono uno scorcio di varia umanità. Ci sono il grande attore annoiato, l'imprenditore finto-socialista, la ragazza emancipata (hyppie, nella declinazione dell'epoca), il ragazzo idealista ma non troppo, la ragazza madre in fieri, la coppia di sposini con le corna.


Nell'arco di ventiquattr'ore ne succedono di tutti i colori, ma la vera domanda che non si puo' eludere è "riusciranno mai a ripartire?": non è dato sapere.

In questo ingorgo di proporzioni inumane, e di carattere esistenziale, Comencini ci fa un ritratto a dir poco tragico dell'italiano contemporaneo: se le singole scenette di cui è composto il quadro potrebbero di volta in volta essere grottesche, comiche o tragiche, la globalità del racconto ricorda le masse brulicanti e senza salvezza di Bruegel, i volti sembrano altrettanto animaleschi, gli intenti meschini, gli istinti peggiori facilmente assecondati. C'è un'escalation in questa bestialità, che culmina SPOILER con lo stupro della giovane hyppie, cosa che non mi sarei aspettata alla partenza. FINE SPOILER
Rispetto ad altri classici della commedia italiana, dal Marchese del Grillo (coevo) a La Cena (più tardo di vent'anni, ma apparentato da una struttura a quadretti molto simile), che pure sbeffeggiano i difetti peggiori dell'uomo, talvolta anche con una certa amarezza, questo Ingorgo si presenta come maggiormente nero, privo di speranza e di risate, catalogo di un'abiezione che non sembra poter mai avere fine. Pesante...

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