(Miracolo a) Le Havre
Di A.Kaurismaki, con J.Darroussin. 2012
Il mondo è un posto duro e il
sud dell’Europa spesso è solo il primo step per tanti migranti forzati che
cercano lavoro e un tetto. Le Havre, porto per eccellenza, vede un transito
continuo di disperati che la politica internazionale non sa come incanalare –o
si rifiuta di farlo, pensando che il flusso debba continuare ad autogestirsi
nell’incuria generale travestita da controllo delle frontiere. Idrissa scappa da
uno dei containers e finisce in casa di Marcel Marx, lustrascarpe indigente ma
generoso e quando questi prende il proposito di aiutarlo a salpare per Londra
tutto il quartiere si fa in quattro per dare una mano. Contemporaneamente a sua
moglie Arletty diagnosticano un tumore incurabile e già avanzato e l’ispettore
Monet lo sorveglia da vicino per scoprire il rifugio del giovane irregolare.
La trama è gradevole senza
essere particolarmente innovativa. Dal punto di vista stilistico trovo interessante
lo studio dei colori della città, così piovosa ma pur sempre illuminata da un
timido raggio a far risaltare i gialli e i blu degli stipiti e delle insegne, molto retrò, come se il regista avesse voluto fondere più epoche. A
parte questi modesti tratti, il film si regge soprattutto sulla delicata
rappresentazione dei personaggi.
Il percorso tragicomico del
protagonista, ormai anziano ma ancora così ragazzino, è toccante senza mai
cadere nel patetismo facile. Lo muove una generosità spontanea che non ha
niente di paternalistico e viene invece dall’aver conosciuto la difficoltà e la
privazione, ma non lo fa pesare. Un po’ tutti i personaggi di contorno sono
persone normalmente buone, non eroi ma umani qualunque abituati a vivere un
ambiente duro dove il mutuo aiuto è l’unica via di fuga dalla sconfitta e
l’apertura mentale una necessità.
Mi è
piaciuto molto il tratteggio di Monet, intelligente e posato amante della
Giustizia ma anche sposo del buon senso: al militare bardato come se stesse
penetrando una roccaforte di AlQuaeda che si accinge a colpire Idrissa in fuga ricorda:
“ma sei matto, è soltanto un bambino”. A parte lui credo che il personaggio più
toccante sia Arletty, rassegnata al fato ma comunque speranzosa di un improbabile
miracolo, perché si sa che sui miracoli non si può contare… bisogna solo
crederci quando capitano.
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